martedì 28 settembre 2010

Provider, quale responsabilità per gli intermediari della società dell'informazione?

Nonostante siano passati quasi sette anni dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 70 del 2003 (Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno) ad oggi giurisprudenza e dottrina degli stati membri non sono ancora riuscite a delineare con sufficente certezza i contorni della responsabilità dei provider.
Ed in effetti, confrontando le più recenti sentenze dei tribunali italiani con alcune pronunce di giudici di altri paesi europei, appare evidente come sia ancora irrisolto l'eterno dilemma relativo ai provider i quali, talvolta sono considerati meri fornitori di un servizio telematico, altre soggetti corresponsabili delle attività poste in essere dai propri utenti.
Così, mentre il Tribunale del commercio di Madrid -nella controversia che ha visto contrapposto Telecinco a Youtube- ha considerato quest'ultimo come semplice intermediario e quindi non immediatamente persegubile per il videosahring dei propri fruitori, il Tribunale di Roma con due ordinanze (datate 16.12.2009 e 22.01.2009) , pronunciate nel procedimento cautelare promosso da RTI sempre contro Youtube, ha ritenuto quest'ultimo non fornitore puro e semplice della connessione internet, ma erogatore di servizi aggiuntivi (per es. caching e hosting) e, in quanto tale, obbligato a controllare i propri clienti, sino ad intervenire se consapevole dell'antigiuridicità della condotta altrui (per es. rimuovendo il materiale illecito).
Ora, osservato come simile impostazione rigoristica non possa andare esente da critiche -una fra tutte è relativa all'effettiva opportunità di gravare soggetti privati, quali i provider, di compiti che potrebbero essere definiti di pubblica sicurezza-, quello che più colpisce è l'evidente disparità di trattamento di situazioni del tutto analoghe.
Per questo motivo ed al fine di scongiurare il rischio della formazione di zone franche all'interno dell'Europa, è quanto mai auspicabile un intervento chiarificatore della Corte di Gisutizia dell'Unione Europea: solo con regole comuni a livello sovrazionale si potrà cominciare ad avere un' omogena disciplina del mondo di internet, il quale esplica le proprie potenzialità ben al di là dei confini dei singoli stati.